Ciao Alessandro, niente da eccepire sulla tua argomentazione — sono d’accordo su tutto — volevo solo condividere una piccola testimonianza sulla mia esperienza all’interno di un “comitato DEI” del dipartimento di una grande azienda tech (Google, dipartimento in questione News, dove ho lavorato per sei anni, qui negli Stati Uniti).
Se l’impegno DEI delle aziende a livello macro è, come dici tu, assolutamente di facciata, a livello micro tantissimi dipendenti invece ci credono (hanno creduto) veramente e si sono impegnati veramente. Così eravamo noi, con le unghie e con i denti. A Google News abbiamo avuto la fortuna di essere guidati da una manager di alto livello che non le mandava a dire a nessuno, ed è riuscita a strappare alla leadership l’ok per centinaia di migliaia di dollari investiti in iniziative DEI sincere, genuine, che sapevamo essere “a drop in the bucket” — la quantità di dollari non potrà mai corrispondere mai alla qualità del cambiamento, appunto — ma che portavamo avanti in maniera autentica. E io penso che a livello individuale, nel cuore di certi colleghi, nel piccolo di qualche singola vita, qualcosa abbiamo mosso.
Ma ad alto livello, in maniera sostenibile, duratura e grandiosa, ci scontravamo con qualcosa di più grande di noi, difficile da quantificare o descrivere in termini concreti: il peso e il funzionamento dell’azienda nella grande logica del capitalismo, mediato dalla figura di qualche SVP o VP. Lì non ci era permesso di arrivare. La manager di cui sopra è stata costretta a rassegnare le dimissioni in seguito alle proteste che ha portato avanti dopo che una VP ha deciso di cancellare un incontro su, pensa un po’, la discriminazione di casta all’interno della comunità indiana. Ai tempi la storia finì sul Washington Post: https://wapo.st/3WhZLDz
È questo il paradosso di tante iniziative DEI all’interno di aziende capitalistiche. Hanno trovato spazio perché faceva comodo a chi sedeva nella stanza dei bottoni. Ma spesso venivano portate avanti da persone che davvero, in queste iniziative, coglievano un’opportunità per dare un senso più profondo al proprio impiego — pur sapendo bene (almeno per me era chiaro) che se non avesse fatto comodo a “the powers that be” allora questa opportunità non sarebbe neanche esistita.
Alessandro ha citato Fisher, e Fisher diceva che c'è un certo grado di anticapitalismo che il capitalismo può accogliere all'interno delle sue dinamiche. Storie come la tua danno ragione al compianto Mark. La cosa positiva, come hai detto tu, è che contestualmente a tanta ipocrisia, delle coscienze si sono smosse.
Il prossimo passo sarebbe riuscire davvero a dare vita a qualcosa di diverso, che possa davvero costituire un'alternativa. Il come fare è ancora difficile da capire però.
Abbiamo interessanti ricerche scientifiche che dimostrano come la vergogna e l'indignazione siano in grado di amplificare la motivazione ad acquistare gadget che richiamano la propria appartenenza alla comunità GRSD. Altre ricerche dimostrano inoltre come l'"attivismo" sui social di fatto diminuisca la necessità da parte delle persone oppresse (ma non abbastanza evidentemente) di scendere in piazza per i propri diritti.
Sta per Gender, Sex and Relationship Diversities. È un acronimo che include tutte le sigle LGBT+ e che viene usato sempre più spesso nella comunità scientifica
Per quanto riguarda il conflitto di classe nell'attuale contesto planetario ci sarebbe molto da discutere... Forse sarebbe giustificato anche l'avvio di una chat ad esso dedicata...
In ogni caso complimenti per la chiarezza nell'esposizione dei tuoi pensieri.
Ciao Alessandro, niente da eccepire sulla tua argomentazione — sono d’accordo su tutto — volevo solo condividere una piccola testimonianza sulla mia esperienza all’interno di un “comitato DEI” del dipartimento di una grande azienda tech (Google, dipartimento in questione News, dove ho lavorato per sei anni, qui negli Stati Uniti).
Se l’impegno DEI delle aziende a livello macro è, come dici tu, assolutamente di facciata, a livello micro tantissimi dipendenti invece ci credono (hanno creduto) veramente e si sono impegnati veramente. Così eravamo noi, con le unghie e con i denti. A Google News abbiamo avuto la fortuna di essere guidati da una manager di alto livello che non le mandava a dire a nessuno, ed è riuscita a strappare alla leadership l’ok per centinaia di migliaia di dollari investiti in iniziative DEI sincere, genuine, che sapevamo essere “a drop in the bucket” — la quantità di dollari non potrà mai corrispondere mai alla qualità del cambiamento, appunto — ma che portavamo avanti in maniera autentica. E io penso che a livello individuale, nel cuore di certi colleghi, nel piccolo di qualche singola vita, qualcosa abbiamo mosso.
Ma ad alto livello, in maniera sostenibile, duratura e grandiosa, ci scontravamo con qualcosa di più grande di noi, difficile da quantificare o descrivere in termini concreti: il peso e il funzionamento dell’azienda nella grande logica del capitalismo, mediato dalla figura di qualche SVP o VP. Lì non ci era permesso di arrivare. La manager di cui sopra è stata costretta a rassegnare le dimissioni in seguito alle proteste che ha portato avanti dopo che una VP ha deciso di cancellare un incontro su, pensa un po’, la discriminazione di casta all’interno della comunità indiana. Ai tempi la storia finì sul Washington Post: https://wapo.st/3WhZLDz
È questo il paradosso di tante iniziative DEI all’interno di aziende capitalistiche. Hanno trovato spazio perché faceva comodo a chi sedeva nella stanza dei bottoni. Ma spesso venivano portate avanti da persone che davvero, in queste iniziative, coglievano un’opportunità per dare un senso più profondo al proprio impiego — pur sapendo bene (almeno per me era chiaro) che se non avesse fatto comodo a “the powers that be” allora questa opportunità non sarebbe neanche esistita.
Alessandro ha citato Fisher, e Fisher diceva che c'è un certo grado di anticapitalismo che il capitalismo può accogliere all'interno delle sue dinamiche. Storie come la tua danno ragione al compianto Mark. La cosa positiva, come hai detto tu, è che contestualmente a tanta ipocrisia, delle coscienze si sono smosse.
Il prossimo passo sarebbe riuscire davvero a dare vita a qualcosa di diverso, che possa davvero costituire un'alternativa. Il come fare è ancora difficile da capire però.
Abbiamo interessanti ricerche scientifiche che dimostrano come la vergogna e l'indignazione siano in grado di amplificare la motivazione ad acquistare gadget che richiamano la propria appartenenza alla comunità GRSD. Altre ricerche dimostrano inoltre come l'"attivismo" sui social di fatto diminuisca la necessità da parte delle persone oppresse (ma non abbastanza evidentemente) di scendere in piazza per i propri diritti.
Cos è la comunità grsd?
Sta per Gender, Sex and Relationship Diversities. È un acronimo che include tutte le sigle LGBT+ e che viene usato sempre più spesso nella comunità scientifica
Hmm.. Non mi convince il concetto di diversity inteso come diversità da ciò che è definito normale.
Forse è un bene che il re sia nudo. Così è chiaro a tutti che non era che una facciata.
... C'era una volta l'ideologia californiana 🥀
Il capitalismo che demerita
"Viviamo in un sistema basato sul potere economico, dove chi detiene il potere economico controlla anche quello politico."
Propongo "un supplemento di riflessione" su tale importante passaggio del tuo post...
https://albertoorioli.substack.com/p/entrepreneurs
Per quanto riguarda il conflitto di classe nell'attuale contesto planetario ci sarebbe molto da discutere... Forse sarebbe giustificato anche l'avvio di una chat ad esso dedicata...
In ogni caso complimenti per la chiarezza nell'esposizione dei tuoi pensieri.