“Che alternativa abbiamo a questo sistema?”. Voi non avete idea di quante persone mi scrivano messaggi o mail ponendomi, in diverse forme, questa domanda.
La sensazione che serpeggia in ognuno di noi è che il capitalismo sia non solo l’unico percorso politico ed economico oggi percorribile, ma che sia addirittura impensabile e folle immaginare ad un’alternativa concreta.
A ben pensarci non abbiamo prova di nessun sistema sociale che sia sopravvissuto alle tempeste della Storia, eppure l’apparente equilibrio globale e la complessità in cui siamo immersi ci fanno pensare che qualsiasi cambiamento verrà fagocitato dal reale. Non ci sono alternative e se ci sono non sono applicabili. Fine di tutto, smettetela di immaginare.
Come siamo arrivati a credere nel sogno (o incubo) di un mondo utopico che non cambia mai e che sembra essere arrivato al suo compimento politico?
Mark Fisher - Realismo Capitalista
Lo so, qualcuno di voi lo avrà già letto ma da qualche parte dovevo pur cominciare per dare il benvenuto al genere a chi invece non ha molta esperienza, mi perdonerete.
Se nelle prime tre mail abbiamo affrontato temi apparentemente più legati alle disuguaglianze sotto il profilo psicologico, economico e sociale oggi proviamo a leggere il fenomeno nelle righe di uno dei filosofi contemporanei che stimo di più: Mark Fisher.
Quella sensazione soffocante che ci nega di immaginare un domani per Fisher ha un nome: Realismo Capitalista. Come ci ricorda l’editore del testo, Nero, mascherato da prassi operativa post-ideologica e puramente funzionale, secondo Fisher, il tardo-capitalismo è invece a tutti gli effetti un’ideologia. Come siamo arrivati a domandarci se il mondo cambierà o se resterà lo stesso? Perché crediamo di vivere in un sistema stabile e razionale? Quali saranno gli effetti futuri del realismo capitalista?
Non è un libro facilissimo, benché breve. Richiede sforzo e riflessione, ho dovuto spesso fermare la lettura per riflettere, confrontarmi con i miei pregiudizi e con le mie convinzioni. Letto due volte, credo ci sarà una terza.
Fisher ha forse più di tutt* compreso un concetto che mi ha spinto ad iniziare a parlare di disuguaglianze: la capacità delle istituzioni e della struttura culturale in cui siamo immersi di farci credere che in fondo tutto ciò che abbiamo e subiamo sia determinato da noi, come individui. “La pandemia di angoscia mentale che affligge il nostro tempo - ha scritto il filosofo - non può essere capita adeguatamente, né curata, finché viene vista come un problema personale di cui soffrono singoli individui malati “.
Purtroppo la depressione che spesso ha denunciato non gli ha lasciato ossigeno e nel 2017 ha deciso di porre fine alle sue sofferenze suicidandosi.
Dobbiamo tornare ad assumerci responsabilità collettiva, lo dobbiamo a chiunque non stia bene. E lo dobbiamo anche a Fisher.
Ultimi aggiornamenti per chiudere
1) Grazie di tutto e a tutt*. Ogni vostro modo di sostenermi per me è importante. Un abbraccio virtuale, come sempre.
2) Ieri è uscito un post sul lavoro non retribuito delle donne, 12,5 miliardi di ore al giorno. Sì sì, nessun errore, al giorno.
Se vi va è sul mio profilo Instagram.
3) Come ripeto spesso su consiglio di qualche amic* ho aperto un account Buy me a coffee dove, se volete e soprattutto se ve lo potete permettere, avrete la possibilità di offrirmi un caffè virtuale per sostenermi.
Come sempre ci tengo a sottolineare, a costo di essere ridondante, che non è assolutamente necessario.
Questa settimana ci tengo a ringraziare personalmente Camilla, Cettina, Vale, Marta, Pietro Baroni (lui è un caro amico, un videomaker e persona sensibilissima ai temi che tratto e con cui mi confronto spesso), Letizia, Valeria, Gabriella, Cassandra, Bianca, Sergio, Mattia, Angela e Giulio per avermi offerto un caffè.
Spero di poterlo bere presto di persona con ognuno di voi.
Qui il link per il caffè, se vi va.
A presto
Alessandro